I DITTATORI DEL GUSTO

Non vi preoccupa il panorama odierno della radiofonia, e la nostra dipendenza da questo sistema ?

Una situazione come quella odierna non si è mai vista. E' un disastro su tutta la linea. La radio è ormai diventata un'entità a sè stante, il cui unico dogma è l'audience. Se si eccettuano pochi casi isolati, fanno tutti la stessa radio, e hanno tutti lo stesso format. I primi 50 brani sul Music Control si sentono in continuazione, e restano in playlist per tempo immemorabile, rallentando il ricambio di musica.

Le statistiche (se vogliamo definire così i dati che ci arrivano da Audiradio) ci dicono che le audiences siano più o meno stabili, o perdano relativamente poco. Può darsi. Quello che però è certo è che i compratori di dischi si stanno allontanando dalla radio. Prova ne è la quantità crescente di successi di classifica che non corrisponde con l'airplay chart. E viceversa. Soprattutto viceversa, oserei dire. Perchè quello che spesso succede - anche costruendo un grande successo - è che l'investimento necessario per produrlo diventa troppo oneroso rispetto ai risultati ottenuti.

Stiamo tutti qui a lamentarci che i dischi non si vendono, ma stiamo veramente facendo qualcosa per cambiare la situazione ? A parte fare causa ai nostri consumatori in attesa di trovare l'idea che renda profittevole il file-sharing, ovvero la radio del futuro ?

Nemmeno le majors, che sostanzialmente controllano quasi il 90% dello spazio riservato alle playlists, possono trarre molto giovamento dal sistema di consolidazione delle playlist promosso dal Music Control. Un sistema di rilevazione è senz'altro utile. Un sistema di rilevazione che diventa il punto di riferimento per consentire anche a un sordo di poter gestire una playlist porta con sè qualcosa di deleterio. Spezzare il fronte delle resistenze dei programmatori sugli artisti emergenti, ad esempio, è diventato un problema colossale. Anche le majors, che talvolta ci riescono (ma a che prezzo?), lo sanno benissimo.

La nouvelle vague comportamentale che contraddistingue l'attuale generazione di programmatori pare essere contagiosa. Raggiungerli al telefono è una corsa ad ostacoli. Farsi richiamare è utopia. Non leggono le e-mail, e se lo fanno non rispondono mai. La loro professionalità è discutibile, la loro affidabilità nulla. Alcuni di loro scompaiono nel nulla a tempo indeterminato. E se tutto questo non fosse già abbastanza, è tristemente noto come presunzione, incompetenza, egocentrismo siano i tratti distintivi principali di molti tra loro.

Un tempo, se raggiungere i networks nazionali era comunque target difficilissimo, le radio locali perlomeno mostravano la volontà di osare, di collaborare: oggi sono le più rigide tra tutte. Se non sono i networks a lanciare un brano spesso non fanno assolutamente nulla. Vivono di riflesso. Succede anche con brani che stanno in top 40 o in top 20. Propositività, differenziazione, rischio sono parole sconosciute per loro.

Poveri discografici. La dittatura è stata ribaltata. Gli servirà ancora fare i cosiddetti "giri di ascolto" dei nuovi brani alle radio ? Ci risulta che sempre più spesso ciò che viene detto face-to-face ai responsabili della promozione durante queste sessioni finisca per non corrispondere con ciò che la radio farà. Uno torna dal suo capo, magari si espone un pò perchè il tal programmatore lo ha rassicurato sull'inserimento in playlist del tal brano, per poi fare una figura imbarazzante nelle successive settimane quando il tal brano non entrerà in playlist. Ma allora perchè perdere tempo ?

E invece no. Perchè i discografici, e i burosauri in particolare, amano perdere tempo. E amano anche buttare soldi. Così non solo finanziano un sistema per controllare l'incontrollabile, ma diventano disposti a tutto pur di assecondarlo, finendo inevitabilmente per perdere di vista ciò che desidera la GENTE.

Oggi la pubblicità in radio non si fa più per promuovere un disco, bensì per indurre i programmatori a inserirlo in playlist. E' diventata una moda tra i geni del buro-marketing. L'intuizione, tuttavia, non sembra avere un futuro promettente. La leggenda infatti narra di diverse campagne do-ut-des rifiutate da note emittenti nazionali perchè, a detta di alcuni, se dovessero accettare tutte le proposte non basterebbe loro il palinsesto di tre radio per onorarle.

A nostro avviso esisterebbe un modo più semplice per mettere le radio in condizione di fare scelte diverse. Un modo sottile, poco doloroso e assai economico.

A un programmatore di una hit radio basta guardare il Music Control per vedere quali siano i 50 brani più suonati del momento. Se non vuole rischiare nulla - e nessuno oggi vuole farlo - non farà altro che suonare i nomi più consolidati nella chart, al massimo arricchendoli con pochissime novità di sicuro richiamo.

L'eliminazione del Music Control gli toglierebbe quindi un punto di riferimento fondamentale.

E' un'idea così assurda ? La discografia paga centinaia di migliaia di euro per rilevare l'andamento dei propri brani in radio, molti dei quali che non avranno mai successo, nè pur avendolo riusciranno a tradurlo in vendite. A che scopo ? Perchè fornire a chi ne trae esclusivo giovamento uno strumento per limitare la differenziazione del mercato, cosa che è invece nell'interesse della discografia ? Perchè, piuttosto, non investire in formule di promozione alternativa ?

Fateci un pensiero. Gli unici due networks del panel del Music Control che operano le proprie scelte sulla base di un'idea di format - e non confrontandosi con la chart - sono Radiouno della Rai e Radio Deejay. La varietà di musica, la propensione verso la proposta, gli orizzonti aperti di queste due realtà non hanno uguali tra le radio del Music Control.

Sarà un caso se sono le due radio più ascoltate in Italia ?